Il medico deve dare informazioni comprensibili al paziente: anche gli altri professionisti hanno lo stesso obbligo verso il cliente?
Una recentissima pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ., Sez. III, Sent. 19.3.2018, n° 6688) ha ritenuto un medico inadempiente all'obbligo di informazione verso il paziente in ordine all'intensità del rischio in cui si trovava e alla conseguente urgenza dell'approfondimento diagnostico, nonostante tale approfondimento fosse stato consigliato.
Sulle modalità dell'informazione incide la qualità del paziente: l'informazione deve essere adattata al livello culturale del destinatario, in modo che il linguaggio usato risulti comprensibile. “L'informazione deve investire tutti gli elementi idonei a consentire una scelta pienamente consapevole, incluse le sue conseguenze” (Cass., 6688/2018, cit.).
Anche un'informazione incompleta, al pari di un'informazione assente, lede i diritti del paziente, “ed incompleta non può non essere un'informazione che non spieghi le caratteristiche di gravità o di rischio di gravità di quanto riscontrato, e che no segnali la presenza di un'eventuale urgenza in modo specifico e ben percepibile, in considerazione anche delle sue conoscenze scientifiche, dal paziente”.
Con una simile sentenza la Corte di Cassazione pone le basi per una giurisprudenza che declini il concetto di necessaria informazione in maniera molto più ampia rispetto alla mera decisione di sottoporsi ai trattamenti proposti dal medico (“consenso informato”). La conoscenza viene così elevata al rango di presupposto dell'esercizio del diritto di autodeterminazione in ordine a tutte le scelte della “persona-paziente”. “L'inadempimento dell'obbligo informativo può quindi ledere il diritto all'integrità psicofisica ma può parimenti ledere il diritto all'autodeterminazione” (Cass., 6688/2018, cit.).
Una simile espressione può forse lasciar trasparire una linea di pensiero al riguardo che trascende la professione medica. In più punti la sentenza sembra alludere ad una possibile futura estensione dell'obbligo di informazione come estrinsecazione del diritto di autodeterminazione del soggetto.
E se l'obbligo di un'informazione congrua e completa caratterizza la professione sanitaria perché “il medico ha come oggetto della sua attività un corpo altrui” (Cass., 6688/2018, cit.), visti gli obblighi generalizzati di informazione al cliente, si potrà negare che tutti i professionisti si occupano della tutela del “corpo altrui”?